Dolly, io mi fermo qui!

Le ruote dell’OM Leoncino affondano metaforicamente nel piano terra di Castel Sismondo, il viaggio si ferma qui. Il suo passaggio è come lo scorrere del flusso dell’immaginazione, l’errare dell’uomo nel flusso dell’esistenza, alla ricerca di un senso del tutto, così un camioncino simile a quello del film “Roma” viene fatto approdare all’interno del futuro museo internazionale Fellini in allestimento.
Lo specifico furgone OM, Officine Meccaniche Brescia, prodotto tra il 1950 e il 1968, è stato acquistato da Opera laboratori fiorentini secondo le indicazioni del progetto allestitivo di Studio Azzurro. Restaurato, tagliato, e trasportato a Rimini, come abbiamo raccontato su queste pagine di diario di cantiere. Una volta fatto entrare a pezzi all’interno della rocca, è stato rimontato dai meccanici attraverso un lungo e delicato processo.
Nelle ultime settimane si è conclusa la fase utile al fissaggio sul mezzo di un braccio meccanico alto circa 2,90 metri, ottenendo una sorta di dolly cinematografico, su cui insisteranno allestimenti scenografici e multimediali di grande respiro. Una volta entrati nella “Sala del Dolly” ci si sentirà parte del set, del sogno, della visione, pronti a ripartire per nuove erranze.
Attraverso i movimenti di macchina, funzionali a ciò che accade in scena, noi spettatori abbiamo l’impressione di muoverci nello spazio rappresentato e ne veniamo coinvolti emotivamente.
Tra le tecniche più complesse nel determinare la dinamicità del filmico vi è il Travelling, che unisce alle possibilità dinamiche quella di far salire e scendere la cinepresa, attraverso macchine come la gru e il dolly. La macchina da presa in questo caso viene fissata su un braccio mobile, collocato su una piattaforma a sua volta posizionata su un veicolo a ruote (dolly), che necessita di binari su cui poter essere trainato da uno o più macchinisti ed oltre al peso della macchina da presa deve sopportare anche quello di un operatore. Dall’utilizzo del dolly ne deriva una maggiore spettacolarizzazione dell’immagine, così come nel girato felliniano, qui citato.


